Omeopatia classica e psicoanalisi junghiana: una buona sinergia per la cura del malessere fisico e/o psicologico

 

L’abbinamento tra medicina omeopatica unicistapsicoanalisi junghiana può forse sorprendere, visto che, apparentemente, queste discipline sembrano radicarsi in mondi culturali lontani tra di loro; ma risulta meno strano se si pensa che questi sistemi terapeutici hanno in comune il  fatto di non imporre un percorso di guarigione dall’esterno, ma di stimolare le naturali forze di guarigione di cui sono  dotati gli esseri umani.

Questa caratteristica è evidente nella psicoanalisi junghiana, basata sull’idea di un finalismo psichico e sul concetto di individuazione, con l’interpretazione dei sogni come via maestra per cogliere il messaggio che viene dal guida.

Ma è presente, a ben vedere, anche nella medicina omeopatica unicista, che definisce forza vitale lo stesso sistema innato di guarigione psicofisica.

Questo sistema di autoguarigione, del resto, era già stato rilevato da molti sistemi terapeutici del passato, che lo avevano nominato in diverse maniere: balsamo interno da Paracelso, vis medicatrix naturae dalla medicina ippocratica, e quindi forza vitale dall’omeopatia classica e funzione terapeutica del Sé dalla prospettiva junghiana, che ha sottolineato anche la sua funzione di Guida verso la nostra realizzazione individuale.

La stessa modalità di intervento, a ben vedere, caratterizza una psicoterapia  nuova e rivoluzionaria come l’EMDR, che usa un termine più tecnico, Adaptive Informatione Processing (AIP), che però ha la medesima funzione di aiutare la psiche ferita a compiere il proprio percorso di guarigione, e può quindi integrarsi con successo con il percorso psicoanalitico.

Il metodo di cura che utilizzo si basa, quindi, da un lato sulla medicina omeopatica unicista e dall’altro sulla psicoanalisi  junghiana e l’EMDR.

A seconda dei casi, si decide assieme al paziente con quale di queste terapie intervenire.

Si può scegliere soltanto un percorso di  psicoterapia, oppure ci si può affidare al potere terapeutico della medicina omeopatica unicista, che agisce sia sulla mente che sul corpo. Gli incontri, in quest’ultimo caso, non differiscono dalle normali visite omeopatiche. Sono distanziati di uno o due mesi e gli elementi psicologici sono al servizio della terapia omeopatica: aiutano a cogliere il significato del sintomo, ad inquadrare meglio le problematiche del paziente, e, quindi, a scegliere il rimedio più indicato (v. articolo sulla medicina omeopatica).

Oppure, ovviamente, si possono integrare i due sistemi.

In tutti i casi, la cura non sarà mirata soltanto ad un particolare distretto psichico o fisico, ma cercherà di individuare le radici profonde del disagio che ogni individuo esprime attraverso i sintomi, per aiutarlo a raggiungere quel livello ottimale di equilibrio psicofisico che è l’obiettivo principale dell’omeopatia unicista e che, come ci ha insegnato Jung, è anche la meta del cammino che proprio l’ascolto e la cura di questi sintomi permette di intraprendere.

 

 

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